Gianni Brera, all'anagrafe Giovanni Luigi Brera (San Zenone al Po, 8 settembre 1919 – Codogno, 19 dicembre 1992), è stato un giornalista e scrittore italiano. Grazie alla sua inventiva e alla sua padronanza della lingua italiana ha lasciato una profonda impronta sul giornalismo sportivo italiano del XX secolo, con un lascito di numerosissimi neologismi da lui introdotti e accolti nell'uso del linguaggio calcistico. Nasce a San Zenone al Po nel 1919, una comunità prevalentemente contadina. All'età di 13 anni il padre Carlo, sarto e barbiere del paese, lo manda a studiare a Milano. Inizia a giocare a calcio come terzino a 15 anni nella squadra "A" del G.C. Giosuè Carducci di Milano che partecipa al campionato milanese ragazzi 1934-1935 che lo vedrà convocato ad una partita di allenamento della rappresentativa milanese contro la squadra dell'Isotta Fraschini. In seguito è chiamato dall'allenatore Renato Rossi in rappresentativa milanese ragazzi in occasione del "Torneo Baravaglio" organizzato dal Guerin Sportivo a Torino il 9 giugno 1935 dove sconfissero 2-1 i pari grado del Direttorio della Sezione Propaganda di Torino. A soli 16 anni, nel 1935, inizia a scrivere dei piccoli articoli a commento del campionato della Sezione Propaganda sul settimanale sportivo milanese "Lo schermo sportivo" e continua a giocare nelle squadre ragazzi passando dal Carducci all'A.C. Vittoria di Milano nelle stagione 1935-1936[8]. Di lui si scrisse che avesse giocato nel Milan . Di fatto, pur avendo giocato nei boys della squadra milanese, non arrivò mai a giocare nelle giovanili rossonere perché nelle cronache pubblicate dai giornali sportivi negli anni seguenti Brera, che ormai ha passato il limite di età per giocare nei ragazzi sia provinciali che regionali, non fu mai citato. Il padre e la sorella lo convinsero che erano più importanti gli studi e lo costrinsero a smettere di giocare e a terminare il liceo a Pavia da dove continuò a spedire corrispondenze al settimanale sportivo milanese "Il nuovo schermo sportivo". A 17 anni è assunto dal Guerin Sportivo, per seguire la Serie C, dove è subito protagonista tanto da essere considerato la terza miglior penna dopo Bruno Slawitz e il Carlin. Si laurea in scienze politiche all'università di Pavia nel 1943. Durante la seconda guerra mondiale viene chiamato alle armi, si arruola nel corpo dei parà e lavora nell'ufficio stampa della Folgore. I suoi articoli vengono pubblicati anche sul Popolo d'Italia. Dopo l'8 settembre 1943 interrompe l'attività di giornalista militare, fugge in Svizzera e poi viene internato in un campo di lavoro per profughi italiani, qui entra in contatto con alcuni esponenti della Resistenza, tra cui Fabrizio Maffi e Giulio Seniga. Sarà quest'ultimo a fargli da garante nel 1944 quando chiede di entrare nella Brigata Comoli operante nella Repubblica partigiana dell'Ossola.[3][13][14] Come aiutante di campo della 83ª Brigata Garibaldi "Comoli", facente parte della 2ª Divisione Garibaldi "Redi", fu l'autore del piano che sventò la distruzione per minamento del traforo del Sempione[15]. Brera si gloriò sempre di aver attraversato tutto il periodo della seconda guerra mondiale, da paracadutista e da partigiano, senza aver mai sparato ad un altro essere umano. Sposatosi nel 1943 con Rina Gramegna (1920-2000), ne ebbe quattro figli: Franco (n. e m. 1944), Carlo (pittore, 1946-1994), Paolo (scrittore, n. 1949), Franco (musicista, n. 1951). Fu quest'ultimo figlio a scrivere un articolo, pubblicato sul quotidiano La Repubblica il 22 dicembre 1992, in cui dichiarò, tra l'altro che suo padre Gianni era sempre stato ateo.