Giuseppe Pontiggia (Como, 25 settembre 1934 – Milano, 27 giugno 2003) è stato uno scrittore, aforista e critico letterario italiano. Nasce da una madre attrice dilettante e da un padre funzionario di banca, e trascorre l'infanzia a Erba, nella campagna brianzola. In seguito, dopo l'uccisione del padre da parte dei partigiani gappisti per ragioni mai chiarite, nelle prime avvisaglie della guerra civile (1943), la famiglia si sposta a Santa Margherita Ligure e poi a Varese, infine definitivamente dal 1948 a Milano. Pontiggia, mosso da innata propensione allo scrivere e da un desiderio irrefrenabile di conoscere l'universo attraverso i libri, ereditato dal padre bibliofilo, scopre lo stile come felicità del linguaggio attraverso la lettura adolescenziale di Guy de Maupassant. Ultimato il liceo classico con due anni di anticipo, per necessità familiari comincia a lavorare in banca, e al contempo collabora fin dalla sua fondazione (1956) con la rivista d'avanguardia Il Verri diretta da Luciano Anceschi. Intorno alla rivista Il Verri, della cui redazione Pontiggia entra presto a far parte con un ruolo importante (che non è sempre stato valutato adeguatamente dalla critica), ruotano anche Umberto Eco e Nanni Balestrini. Contemporaneamente completa gli studi universitari e nel 1959 si laurea all'Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi sulla tecnica narrativa di Italo Svevo. Lo stesso anno pubblica il suo primo romanzo autobiografico La morte in banca, frutto d'una profonda insoddisfazione per la sua esperienza lavorativa e per un mondo che considera frustrante, pieno di adulti che non sono maturi. Grazie all'incoraggiamento di Elio Vittorini, che gli consiglia di dedicare più tempo alla narrativa, nel 1961 lascia l'impiego in banca e si dedica all'insegnamento serale.